Nonostante non sia sempre corretto usare termini assoluti come “tutti” o “nessuno”, “sempre” e “ovunque”, vi offro un ritratto semiserio degli stereotipi sui tedeschi – da sfatare con un sorriso, ovviamente!
1- I tedeschi sono puntuali: sì – ma così come non bisogna arrivare in ritardo a un appuntamento, altrettanto non è ben visto l´anticipo ! A me è capitato di dover aspettare fuori dalla casa delle persone da cui ero invitata perché ero 15 minuti in anticipo. Semplicemente ti dicono “torna dopo, all’ora giusta”.
2-I tedeschi lavorano tanto: no. In base ai dati dell’Ocse risulta che nel 2019 l’Italia, subito dopo Grecia e Estonia, sia il Paese dell’area Euro dove si lavorano più ore alla settimana, 33 – tre ore in più rispetto alla media di 30 ore, e addirittura 7 ore in più rispetto alla Germania. Come dire che rispetto ai tedeschi gli italiani lavorano un giorno in più alla settimana.
Qui, infatti, il “Feierabend” (=la fine del lavoro quotidiano) è sacro, altrettanto i weekend e le ferie. Nessun impiegato negli uffici lavora il weekend o la sera dopo le 6. È difficile trovare qualcuno disponibile dopo le 5 del pomeriggio, il venerdì alle 2 la maggior parte degli impiegati escono e gli statali anche durante la settimana raramente lavorano oltre le 4. Alcune categorie meno fortunate e per le quali si registra un costante aumento di stranieri, invece, sono le professioni sanitarie e gli addetti alla logistica non qualificati: turni scomodi e straordinari al bisogno.
Nelle aziende tedesche gli orari di lavoro sono regolamentati e rispettati. Si lavorano proprio le ore pattuite, non è ben visto fare straordinari perché significa che l’organizzazione o le competenze non sono all’altezza della posizione ricoperta: un paradiso in confronto a chi, come me, era abituato ai ritmi milanesi.
3- Le donne tedesche sono emancipate: no. Illusi dal vedere “Mutti” e “Uschi” in posizioni di potere, ammaliati dalle turiste disinibite e intraprendenti (non sottomesse ai tabù cattolici sul sesso, ad esempio), si pensa che la Germania abbia raggiunto l’equità di genere. Invece no. Affatto. Una cosa sono le intenzioni sancite dall’articolo 3 della Costituzione e in vigore dal 1958 – ben altro l’applicazione. Il Gender Pay Gap si è assestato da qualche anno sul 18%, sia per fattori di specificità settoriale (i servizi alla persona sono mestieri prevalentemente femminili pagati poco) che di pura discriminazione salariale (retribuzione lorda a parità di mansioni) nel privato (20%) ma anche paradossalmente nel pubblico (7%).
Ovviamente il c.d. Gender Care Gap non è diverso, anzi ancora più sfavorevole: nel 2019 il divario medio è stato del 52,4%: le donne hanno dedicato molto più tempo degli uomini all’assistenza all’infanzia, alle pulizie, alla cura dei parenti e ad altre attività non retribuite. Ad esempio, per le 34enni con figli il divario di “care-work” di genere era ancora più alto, attestandosi al 110,6%. A questa età, il carico di tempo di una carriera e dei bambini (piccoli) da accudire è spesso particolarmente elevato. In media, le donne di 34 anni con figli trascorrono 5,18 ore al giorno in lavori di cura non retribuiti. Mentre i padri coetanei se la cavano con due ore e mezza.
4-I tedeschi bevono tanta birra: ni, sempre meno – dai quasi 143 litri pro capita annui del 1980, nel 2020 sono stati poco meno di 95. Per la cronaca: austriaci e cechi ne bevono di più.
5-I tedeschi sono chiusi: ni. I tedeschi socializzano a modo loro. Molto valore viene dato alle amicizie di lunga data, i c.d. Sandkastenfreunde (più o meno gli amichetti del parco giochi) e alle associazioni per il tempo libero, come ad esempio i club sportivi o relativi a qualsiasi hobby. Sono circoli abbastanza chiusi, ed è proprio questo tema comune a consentire di socializzare senza dover improvvisare conversazioni. Infatti li rassicura avere una sorta di script, di codice, di frame in cui muoversi e non dover rompere il ghiaccio con la spontaneità in cui noi latini invece primeggiamo. I tedeschi sembrano chiusi perché hanno la padronanza delle proprie emozioni, non le esprimono in modo impulsivo. Qui essere souvrän è un valore: ad esempio sul lavoro agitarsi è interpretato come sintomo di insicurezza e incompetenza, invece che di passione ed entusiasmo. E – purtroppo (?) – questo atteggiamento viene applicato anche nel privato, rendendo ai nostri occhi criptiche le loro reazioni: cosa ci sarà mai dietro la loro apparente indifferenza?
6- I tedeschi amano l’Italia: sì, se la idealizzano… Quando mi stabilii in Germania nel 2007 per motivi di lavoro, i tedeschi non capivano come mai mi fossi allontanata dalla c.d. “Dolce Vita” per stare a Norimberga, un posto dal clima ostile (e non solo il clima).
Quando raccontavo che di dolce c’era ben poco nei contratti co.co.co. e nelle borse di dottorato da 3000 Euro lordi all´anno o che a Milano si lavorava fino alle 8 o 9 di sera senza aver gli straordinari pagati, passavo io per essere una persona pessimista e lagnosa. Per loro l’Italia era la Toscana con i pranzi in giardino sotto gli ulivi e litri di vino, il sole e la siesta (sic, la siesta! Come se fossimo spagnoli! Tanto per loro poco cambia, per citare Andy Möller: “Milano o Madrid, l’importante è l´Italia!”).
Negli ultimi anni la frequenza con cui mi viene posta la domanda sulla Dolce Vita per mia fortuna è diminuita: che si siano resi conto dalle notizie internazionali che il Paese è allo sbando? Che non si vive a tarallucci e vino? Finché non mi strapazzano gli zebedei con lo scherno del Bunga Bunga, va bene lo stesso.
7-I tedeschi mangiano male: de gustibus, a loro piace. E – detto tra noi – appena passato il Brennero o la Manica, dove si mangia bene veramente? I tedeschi non sono gli unici a soffrire di una cucina monotona, dovuta al territorio tradizionalmente coltivato a cavolo, patate e mele. Con i pochi ingredienti disponibili, hanno la mia comprensione se nella cucina autoctona non sono riusciti a inventare la parmigiana o la torta pasqualina 😊. Quello che mi stupisce è che, con tutto il latte che producono dalla Baviera alla Frisia (33,2 milioni di tonnellate annue), non sia venuto in mente loro di lavorare formaggi come noi o come i francesi – vabbè, non brillano per fantasia e inventiva, evidentemente nessuno ha dato loro le istruzioni 😀
Non stupisce invece che i piatti preferiti in Germania siano pizza, lasagne e spaghetti. Seguono però a stretto giro Pfannkuchen (tipo pancake), Semmelknödel (canederli di pane), Rouladen (involtini di carne) e la Schnitzel (fettina impanata).
Personalmente piuttosto che mangiare una pizza con il gouda, delle lasagne cattive o l´insalata condita con la salsa yogurt (a me sembra muco, ndr) e lo zucchero, preferisco qualcosa di locale ma fatto bene.
8- I tedeschi si vestono male: idem come sopra – de gustibus. E non sono gli unici. Dopo che Chiara Ferragni ha sdoganato i sandali con il calzino bianco, come possiamo infierire contro una Karin qualsiasi nella periferia di Magonza? I tedeschi si vestono comodi e finalmente il mondo si è adeguato! (il mondo non lo so, io di certo mi sono adeguata volentieri 😉).Duole però vedere che non siano i marchi italiani dell´alta moda a dettare le tendenze modaiole nemmeno nelle città glamour come Berlino, Amburgo o Düsseldorf: la globalizzazione del fast fashion domina indisturbata con Zara e H&M.
Per puntualizzare che questo ritratto semiserio non prende in giro nessuno, aggiungiamo che in Germania vivono quasi 22 milioni di persone con background migratorio e 11 milioni e mezzo di stranieri. Benché la nostra presenza sia ben visibile in qualsiasi quartiere o paesino grazie ai ristoranti e alle pizzerie, noi italiani siamo solo quinti per numero di cittadini sul territorio federale. Più di noi turchi, polacchi, siriani, rumeni.
Elisa Pugliese (aka Elisa Stella), Germania